Month: aprile 2010

sonetto del dolce lamento

Temo di perdere la meraviglia

dei tuoi occhi di statua e la cadenza

che di notte mi posa sulla guancia 

la rosa solitaria del respiro.

 

Temo di essere lungo questa riva

un tronco spoglio, e quel che più  m’accora

è non avere fiore, polpa, argilla

per il verme di questa sofferenza.

 

Se sei tu il mio tesoro seppellito

la mia croce e il mio fradizio dolore,

se io sono il cane e tu il padrone mio

 

non farmi perdere ciò che ho raggiunto

e guarisci le acque del tuo fiume

con le foglie dell’autunno mio impazzito
Garcia Lorca

Quiero

Quiero que me oigas, sin juzgarme.
Quiero que opines, sin aconsejarme.
Quiero que confí­es en mi, sin exigirme.
Quiero que me ayudes, sin intentar decidir por mi.
Quiero que me cuides, sin anularme.
Quiero que me mires, sin proyectar tus cosas en mi.
Quiero que me abraces, sin asfixiarme.
Quiero que me animes, sin empujarme.
Quiero que me sostengas, sin hacerte cargo de mi.
Quiero que me protejas, sin mentiras.
Quiero que te acerques, sin invadirme.
Quiero que conozcas las cosas mías que más te disgusten,
que las aceptes y no pretendas cambiarlas.
Quiero que sepas, que hoy,
hoy podés contar conmigo.
Sin condiciones.
Jorge Bucay

I SIGNORI DELLA CORTE – NOBRAINO

Alla luce dei fatti di cui sono a conoscenza posso dire con certezza di non essere più pazzo di un cavallo, al limite più bello, ammessa dimostrabile la pazzia dell’animale già citato da me considerato spesso metro di misura per mentali inefficienze… umane deficienze.

All’epoca dei fatti ero un grande sognatore della razza che la vita la vivono col cuore, descrivevo con disprezzo la società del capitale e l’amarezza del sudore, il puzzo del sudore.


Disegnavo sulla sabbia i miei progetti esistenziali, miraggi nel deserto, gabbiani senza ali, fervevo di ambizioni di improbabile attuazione, cercavo il treno giusto ma non ero alla stazione e il destino non deraglia per venirti a cercare "trovare i binari per farsi investire!" diceva mio nonno capostazione che vide da vicino le ruote di un vagone nell’ultimo istante prima di morire ed io che pensavo continuasse a scherzare ma l’unico modo per fare è fare sul serio ed ora ricordo che piansi, per lui piansi sul serio.

Avevo fatto strada lavorando per il circo e quando dico strada non intendo la carriera ma intendo strada vera, solo strada vera. Ho visto tutto il mondo girando in carovane, era come una famiglia, ci chiamavano i gitani, ho visto l’equatore poi case fatte in ghiaccio, io non ero l’acrobata, io ero il pagliaccio e mi pagavano per piangere ridere e cadere, schiaffi, schiaffi e calci nel sedere ma il destino non deraglia per venirti a cercare "trovare i binari per farsi investire!" diceva mio nonno capostazione che vide da vicino le ruote di un vagone nell’ultimo istante prima di morire ed io che pensavo continuasse a scherzare ma l’unico modo per fare è fare sul serio ed ora ricordo che piansi, per lui piansi sul serio.


Berenice ha fatto un sogno in cui ero suo fratello, disegnavo piedistalli in una ditta americana di busti e manichini, non robusti ma carini e svegliatasi dal sonno non distinse più il reale dall’onirico, stette lì un po’ in bilico poi decise di lasciarmi per il ben più celeberrimo domatore di leoni, parlando d’incesto, coraggio ed illusioni e seppure lei sembrasse del tutto convincente non cedetti, non crollai, non credetti proprio a niente e guardandola negli occhi nascosti tra i capelli di colpo diventai un lanciatore di coltelli…

Berenice andava uccisa per il suo modo di fare, da sempre un indecisa che può fare molto male quindi ammetto son colpevole ma per auto difesa, dieci coltellate, per due le ho chiesto scusa, io pensavo che lei fosse il treno da cercare rideva pensava io volessi scherzare ma l’unico modo per fare è fare sul serio ed ora ricordo che piansi, per lei piansi sul serio.


Non cito questi fatti per smuovere clemenza ma per unire i pezzi d’un vaso che si è rotto per sommarsi di fratture, anche s’era duro, magari inaffidabile come in bilico sul letto di mia nonna, non la vedova quell’altra, che la notte si produce in perfette imitazioni di biplani del diciotto ma io non sono matto… io non sono matto… no! io, non sono matto.